Page 47 - Ricostruzione incidenti stradali
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R Errori concettuali più frequenti
• uno intrinseco alla stesura della consulenza;
• uno connesso alle aspettative che nella consulenza si ripongono.
Carenze intrinseche della consulenza
Ciò che spesso viene trascurato è il fatto fondamentale che una Consulenza
Tecnica Ricostruttiva deve sostenersi autonomamente, ovvero deve essere predi-
sposta in modo che si autovalidi.
Leggendo una relazione conclusiva di un’analisi ricostruttiva si deve, cioè, po-
terne ricavare direttamente ed intrinsecamente tutto ciò che le conclusioni in essa
contenute prospettano.
Certo, è importante che l’analista abbia esaminato correttamente tutto ciò che
c’era da esaminare, ne abbia dedotto conseguentemente tutto ciò che ne era dedu-
cibile ed abbia tratto da ciò la più coerente delle conclusioni.
Ma è anche altrettanto importante che questo emerga direttamente dalla lettura
della relazione perché spesso non vi sarà modo di fornire ulteriori chiarimenti e so-
prattutto perché, anche nel caso ce ne fosse modo (ad esempio nel dibattimento)
ciò che “resta” è sempre e comunque la relazione conclusiva.
Non saranno, perciò, domande aggiuntive e risposte chiarifi catrici, né, tanto
meno, capacità narrativa (e qualche volta, aff abulativa) o altri aspetti tipici del mo-
mento dialettico a determinare le scelte del giurista a cui la ricostruzione è destina-
ta, a volte addirittura diverso da quello con cui si è svolto il chiarimento.
Sarà la Consulenza Tecnica a doversi autosostenere.
Allora cosa occorre fare?
Semplice, anche se non scontato e spesso disatteso:
ad ogni aff ermazione conclusiva deve corrispondere l’elemento da cui è dedotta
ed il procedimento logico deduttivo che ha portato a quella aff ermazione.
Spesso, soprattutto quando il Consulente Tecnico ha una certa esperienza
(cosa che dovrebbe essere la norma) vi è un’analisi degli elementi oggettivi a di-
sposizione:
deformazioni dei mezzi e di quanto coinvolto, tracce gommose, abrasioni, perdi-
te di liquidi e loro distribuzioni, proiezioni di particolari, posizioni di quiete.
Quasi sempre questi elementi oggettivi sono descritti dettagliatamente, rilevati
fotografi camente e molte volte riportati in planimetria con misure e posizioni pun-
tuali.
Molte volte, tuttavia, e questa è una carenza gravissima, dopo l’esame detta-
gliato descrittivamente, metricamente e fotografi camente esposto, manca l’analisi
deduttiva.
Bene che ci sia una prima descrizione completa, che potremmo defi nire “asettica”
nella sua estrema oggettività, di tutti gli elementi e le tracce, ma al termine di questa
è indispensabile riprendere quel o quei particolari elementi e tracce da cui si possono
dedurre elementi utili ai fi ni ricostruttivi.
Per questi sarà perciò indispensabile non solo richiamarli descrittivamente, fo-
tografi camente e metricamente, ma sarà necessario anche spiegare perché quella
deformazione o quella traccia consentono quella deduzione.
Se se ne deduce che quelle deformazioni consentono quella collocazione dei
due mezzi all’urto, si devono comparare direttamente quelle deformazioni e spie-
gare perché giustifi cano quella deduzione ed anche se e quanto quella deduzione
è univoca.
Si dovrà perciò, richiamando le deformazioni, spiegarne in dettaglio le direzio-
ni delle forze che le hanno generate, la tipologia che motiva quella deduzione e la
possibilità o impossibilità che altre diverse ipotesi di collocazione dei veicoli all’urto
siano compatibili con le stesse.
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